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La Storia

Nato da un'umile famiglia nel 1817 e restato orfano di entrambi i genitori, Nunzio fu allevato prima dalla nonna materna, poi da uno zio che, nonostante la gracile costituzione del nipote, volle avviarlo al duro mestiere di fabbro ferraio, nella bottega-officina che l'uomo teneva aperta a Pescosansonesco. A causa delle privazioni e dei maltrattamenti il ragazzo che si era ferito a una caviglia, non fu curato e la ferita si tramutò in una piaga inguaribile. Si narra che Nunzio si recasse a lavare la ferita presso la fontana di Riparossa e mentre in solitudine leniva le sofferenze pregava la Madonna. Accolto infine da uno zio, militare a Napoli, ricevette le cure di un colonnello medico di stanza al Maschio Angioino dove passò, sopportando atroci sofferenze fisiche, gli ultimi giorni della vita. I napoletani, tra cui si era sparsa la voce della cristiana ed esemplare rassegnazione con cui il giovane accettava la malattia e della profonda devozione che riservava alla Madonna, già alla sua morte, avvenuta il 5 maggio 1836, lo considerarono santo. Ancora prima che la Chiesa nel 1963 lo dichiarasse Beato, Pescosansonesco aveva eretto un santuario presso la fonte miracolosa di Riparossa dove i pellegrini si recavano per chiedere protezione. Il moderno Santuario costruito negli anni '90, oggi è meta di numerosi pellegrini provenienti da ogni luogo.

Fu dichiarato venerabile nel 1859 da Pio IX e beatificato nel 1963 da Paolo VI durante il Concilio Ecumenico Vaticano II, lo stesso giorno di Vincenzo Romano[1]. Il processo di beatificazione fu promosso da mons. Aurelio Marena, vescovo di Ruvo e Bitonto, in qualità di postulatore,. Il processo di canonizzazione invece, è stato seguito da don Antonio Salvatore Paone, postulatore delle cause dei santi per l'arcidiocesi di Napoli e parroco di San Domenico Soriano a Napoli, chiesa nella quale è custodito il corpo di Nunzio. Soltanto dopo la conclusione della causa di canonizzazione, l'8 giugno 2018 papa Francesco ha riconosciuto valido un miracolo avvenuto per intercessione di Nunzio Sulprizio e ha aperto, in questo modo, la strada per la canonizzazione,[2] avvenuta il 14 ottobre successivo insieme a Vincenzo Romano.[3]

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